Vino, non scaricare costi su cantine e vitivinicoltori. Rischio crack per 20mila aziende agricole
LECCE Non va scaricato l’aumento dei costi alimentato dalla guerra in Ucraina sulle spalle dell’anello più debole della filiera i vitivinicoltori e le cantine serie che rispettano il prodotto ed il territorio che hanno già sopportato in solitudine la crescita esponenziale dei costi con l’aumento di oltre il 50% per l’energia, le lavorazioni, le materie prime, l’irrigazione con il rischio crack per 20mila aziende agricole. E’ quanto denuncia Coldiretti Puglia, alla luce dei rumor sugli inaccettabili prezzi di acquisto delle uve da vino, al ribasso per decisione unilaterale dei grandi player che stanno tentando di imprimere un crollo delle quotazioni.
“Per difendere il patrimonio vitivinicolo pugliese è necessario intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi immediati e strutturali per programmare il futuro, ma anche mettere mano ai disciplinari di produzione in modo da garantire rapporti di filiera che siano improntati sulla correttezza, la trasparenza e la crescita di tutti gli anelli della filiera, oltre alla urgente misura dell’arricchimento che abbiamo già chiesto all’Assessore regionale Pentassuglia”, afferma Savio Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
La vendemmia 2022 in Puglia è partita in anticipo rispetto allo scorso anno – aggiunge Coldiretti Puglia – con la siccità e il caldo oltre i 40 gradi che hanno tagliato la produzione almeno del 15% a livello regionale con i vigneti messi a dura prova anche da continui eventi estremi come nubifragi e grandinate che stanno caratterizzando un agosto pazzo.
“Lo scenario del settore vitivinicolo va analizzato, anche alla luce delle preoccupazioni dei consumatori per il ‘carovita’, a seconda dei canali di vendita su cui le diverse strutture di produzione e commercializzazione indirizzano le proprie produzioni. Il timore di entrare in recessione con lo scenario inflattivo e di crisi, determinerà strategie di risparmio dei consumatori con solo il 4% che dichiara che non ci sarà alcun cambiamento nelle abitudini di acquisto e di consumo, il segnale evidente che l’inflazione con il caro bollette e i rincari dei beni alimentari avrà effetti tangibili nei prossimi mesi sulle scelte di acquisto dei consumatori, che non possono essere scaricati sulle spalle dei produttori”, aggiunge Pietro Piccioni, direttore di Coldiretti Puglia.
Con la guerra – sottolinea la Coldiretti – si moltiplicano speculazioni e pratiche sleali sui prodotti alimentari, che vanno dai tentativi di ridurre la qualità dei prodotti offerti sugli scaffali alle etichette ingannevoli fino al taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori al di sotto dei costi di produzione. Il risultato è che più di 1 azienda agricola su 10 (11%) si trova – continua la Coldiretti – in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo.
Una situazione inaccettabile se si considera che per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea.
Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole e trasformatori con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni, conclude coldiretti Puglia, sottolineando l’importanza in questo contesto dell’apertura del Governo alla proposta di Coldiretti sulla defiscalizzazione del costo del lavoro.