Impianti eolici in Salento. Casili (M5S): “Limitare il consumo di suolo e favorire un modello sostenibile di produzione di energia da FER”
“Il Salento ha davanti a sé la grande sfida del recupero paesaggistico e agricolo, elementi portanti di un territorio devastato dal batterio Xylella. Non può permettersi l’insediamento di mega impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, che toglierebbero ulteriore suolo alla riforestazione e alle attività agricole”. È quanto ribadisce il Vicepresidente del Consiglio regionale Cristian Casili, alla luce dei nuovi progetti di installazione di due parchi eolici che interessano i comuni di Veglie, Salice Salentino e Guagnano e alcuni comuni limitrofi delle province di Brindisi e Taranto, attualmente al vaglio del Ministero dell’Ambiente ai fini del rilascio della VIA.
“È necessario trovare un giusto bilanciamento tra le esigenze di tutela del paesaggio e quelle connesse alla produzione energetica da fonti rinnovabili, soprattutto alla luce degli obiettivi di decarbonizzazione che prevedono il phase out dalla produzione termoelettrica a carbone entro il 2030. Per questo – continua Casili – bisogna definire quali sono i residui ambiti territoriali di possibile ulteriore inserimento di FER di taglia industriale, facendo riferimento esclusivamente ad aree già degradate da attività antropiche (cave, discariche, siti contaminati) e individuare, attraverso specifiche modifiche al R.R. 24/2010, nuove ‘aree non idonee’ in relazione alla presenza di valori paesaggistici, naturalistici, storici o di istituti faunistico-venatori. In questo modo sarà possibile garantire la salvaguardia di aree agricole e paesaggistiche di pregio come è il caso dei territori interessati dalla realizzazione degli impianti eolici in questione. Si tratta di territori caratterizzati da un sistema di componenti paesaggistiche e di manufatti storico-culturali che si collocano in un tessuto agricolo con grandi potenzialità produttive grazie alle tradizionali coltivazioni autoctone di uliveti, vigneti e seminativi pregiati. Ricordo, ad esempio, Masseria Castello Monaci che, assieme al bosco adiacente, costituisce una attività agricola vitivinicola e turistico-ricettiva dall’alto valore economico e simbolico, anche a livello internazionale. Interventi come quello in esame inciderebbero negativamente non solo sull’attività agricola ma anche sullo sviluppo turistico dell’area che si nutre di agriturismo e turismo rurale grazie al sapiente recupero di cascine, masserie e dimore storiche e che esaurirebbe tutto il suo appeal se dovesse perdere i suoi tratti identitari. Per questo, è importante attivarsi a tutti i livelli istituzionali per definire dei criteri chiari per limitare il carico di impianti FER su singole aree, basandosi su due parametri fondamentali: la concentrazione di impianti (cd. aree sature) e la presenza di aree da tutelare. Soprattutto in Salento dobbiamo lavorare a una pianificazione che si ponga quale obiettivo quello del recupero paesaggistico delle aree compromesse dalla fitopatia e sottrarre queste zone alla speculazione, preservando gli usi produttivi del suolo. Tra l’altro ricordo che, secondo quanto riportato nelle linee guida del PPTR sulla progettazione e localizzazione di impianti FER, occorre favorire il passaggio dai ‘campi alle officine’, attraverso la concentrazione delle nuove centrali di produzione di energia da fonti rinnovabili in aree produttive, degradate o prossime ad esse. Per garantire un ragionevole contemperamento tra la tutela del paesaggio, valore costituzionalmente tutelato, con gli obiettivi di produzione energetica – conclude Casili – bisogna puntare ad un modello sostenibile di sviluppo delle FER. A tal fine, abbiamo sempre sostenuto la diffusione di un sistema di generazione distribuito dell’energia da fonte rinnovabile, la cui caratteristica tipica è la localizzazione della produzione in prossimità dell’utente finale. Abbiamo concretamente incentivato questo modello di produzione energetica diffusa promuovendo l’istituzione del reddito energetico, una misura di carattere non solo ambientale ma anche sociale; con la legge che istituisce le comunità energetiche, con cui abbiamo promosso un modello in base al quale soggetti pubblici e privati, aderendo volontariamente ad una comunità, possono gestire un sistema energetico locale senza finalità di lucro in base alle mutualistiche esigenze della stessa comunità; infine, per rendere le FER sempre più ‘programmabili’, intendiamo puntare ad incentivare l’utilizzo di sistemi di accumulo di energia elettrica prodotta da FER a cominciare da quelli a servizio delle utenze domestiche. Le alternative ci sono, non è più possibile continuare a sostenere un uso improprio del fotovoltaico e dell’eolico con progetti che aumentano il grado di antropizzazione del paesaggio agricolo-rurale e cancellano i tratti identitari del nostro territorio”.