Coldiretti, Lavoro: mancano 10mila operai nelle campagne pugliesi. Richiesti interventi urgenti anche per l’industria alimentare
LECCE – Con l’apertura delle lavorazioni e delle semine nei campi ma anche delle grandi raccolte come quella olivicola, sono 10mila i lavoratori che mancano nelle campagne in Puglia, ma anche nelle attività di trasformazione e quelle più specialistiche, con il rischio di minare la sovranità alimentare in un momento di forti tensioni internazionali. E’ l’allarme lanciato da Coldiretti Puglia, in occasione dell’incontro sul lavoro in agricoltura a Palazzo Rospigliosi a Roma, con la presenza del presidente Ettore Prandini e del segretario generale Vincenzo Gesmundo assieme al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, Luigi Scordamaglia, Ad Filiera Italia, Romano Magrini, Capo Area Coldiretti Gestione Personale Lavoro, Enrica Mammucari, segretaria generale Uila-Uil, Giovanni Mininni, segretario generale Flai-Cgil, Onofrio Rota, Segretario Generale Fai-Cisl, Laurence Hart, Direttore dell’Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), Letizia Moratti, Presidente E4Impact.
La Puglia, regione a forte vocazione agricola, conta oltre 108mila lavoratori, di cui 1/3, circa 37mila lavoratori, è rappresentato da occupati provenienti da altri Paesi, con rumeni, indiani, marocchini, albanesi e senegalesi in testa alla classifica delle nazionalità più presenti, secondo la Coldiretti. Una presenza importante che non basta però a coprire le necessità delle imprese agricole, anche per alcune lacune nell’attuale normativa, a partire dal meccanismo del click day, con poche quote e non tempestive rispetto alle esigenze di stagionalità del settore agricolo. Capita spesso, infatti, che il lavoratore arrivi quando le attività di raccolta per le quali era stato chiamato sono già terminate.
Per superare le attuali difficoltà occorre passare ad una gestione diretta e controllata dei flussi migratori e le ultime modifiche introdotte alla normativa sul decreto flussi rappresentano un passo importante verso la semplificazione e il rispetto dei tempi di ingresso dei lavoratori, che vanno ora implementate con un maggiore coinvolgimento delle associazioni datoriali e dei consolati. In questo modo sarebbe più facile anche far emergere situazioni di sfruttamento lavorativo e caporalato. In tale ottica – sottolinea Coldiretti – serve anche potenziare la Rete del lavoro agricolo di qualità attraverso sistemi di premialità per le imprese che vi aderiscono e rendendo sempre più efficienti i servizi sul territorio per far incontrare domanda e offerta, con il coinvolgimento delle realtà locali e, soprattutto, degli Enti Bilaterali Agricoli Territoriali.
Ma nell’incontro con la partecipazione di Filiera Italia ed insieme alle Organizzazioni sindacali si parla anche di lavoro dell’industria alimentare, a partire dalla grave carenza di lavoratori che rischia di limitare fortemente la crescita dell’industria alimentare italiana con oltre 60.000 figure professionali da individuare nei prossimi 5 anni. Importante condividere con il ministro strategie per contrastare gli appalti illeciti, le cooperative spurie, per introdurre regole di reciprocità sui prodotti importati di lavoro etico e di qualità. E serve aumentare i flussi di immigrazione regolare ed indispensabile alla nostra industria alimentare. In tale ottica un ruolo può essere svolto dalle iniziative e dalle buone pratiche di formazione nei Paesi di origine già avviate da Coldiretti e Filiera Italia.
Dall’analisi dei dati Inail sulla sicurezza in agricoltura emerge, tra l’altro, la necessità di incrementare le risorse per l’ammodernamento delle macchine agricole, a partire dal bando Isi, ma anche di potenziare la formazione obbligatoria aprendo ai fondi interprofessionali di formazione continua.
Da non sottovalutare anche l’impatto dei cambiamenti climatici sul lavoro agricolo, con pesanti effetti anche dal punto di vista occupazionale. In tale ottica Coldiretti chiede di rendere alcune misure strutturali per garantire i necessari sostegni ad imprese e lavoratori, dall’ammortizzatore unico all’integrazione salariale per gli operai agricoli, dall’utilizzo ad ore della Cisoa per estendere al settore agricolo la flessibilità già presente negli altri settori all’abbattimento degli adempimenti contributivi per i territori colpiti da alluvioni e disastri climatici.
In merito al lavoro occasionale agricolo a tempo determinato, i risultati nel biennio di sperimentazione hanno dimostrato come si sia trattato di una misura che non si è prestata ad abusi, avendo interessato circa diecimila persone, principalmente pensionati (circa l’80%) e studenti (17%). Non si vedono dunque controindicazioni – conclude Coldiretti -nel rendere lo strumento strutturale.